francescaguevaemilioIn questi giorni si sta parlando molto di libertà, se ne è parlato perché, di fatto, siamo stati tutti rinchiusi in casa per l’emergenza sanitaria, ma anche perché negli scorsi giorni Silvia Romano a casa ci è tornata, dopo un anno e mezzo circa. L’ho vista scritta così tante volte in questi giorni la parola “libera” che i miei pensieri hanno iniziato a librare senza fermarsi. Ho ragionato sulla libertà, sulle radici della parola. E i miei pensieri si sono aggrovigliati subito alla questione di Silvia Romano. Silvia è tornata a casa, Silvia è libera. Ma Silvia, così come ogni essere umano, è una cittadina del mondo e come tale era ed è libera in ogni senso, questo il centro dei miei grovigli di pensieri. In qualità di cittadina del mondo Silvia è libera di scegliere chi essere, con quale nome farsi chiamare, libera di scegliere quali strade percorrere, in quale paese vivere, quale vestito indossare, in cosa credere, sia in un Dio o un’istituzione e molto altro ancora.  Il concetto di libertà è un concetto ampio, che teoricamente non dovrebbe avere dei limiti, invece ne ha. I limiti si interpongono spesso nell’uso e nell’abuso della libertà. Prendiamo ad esempio, la libertà di espressione. E’ giusto esprimersi liberamente, ma alcuni limiti sarebbero utili per fermare le innumerevoli onde di odio che si vengono a creare quando un giornale, per esempio, fa diffamazione o si prende la briga di raccontare la propria e univoca versione dei fatti senza ricercare fonti veritiere, lanciando bombe mediatiche che rimbalzano di social in social contribuendo ad alimentare informazioni errate e spesso e volentieri odio. Non voglio dilungarmi su questo punto, parlare di libertà apre gli orizzonti a vaste diramazioni, diverse prospettive, se dovessi percorrerle tutte in un unico post non basterebbe una vita. Bisognerebbe fare visita a diversi momenti della storia, ma anche a tante situazioni attuali. Quello che però mi preme dire è che ci si sofferma sempre troppo poco spesso sul significato delle parole. Perdonatemi, per me le parole sono importanti tanto quanto i fatti. Nelle parole sono racchiusi mondi che vanno interpretati. Scegliere una parola al posto di un’altra per esempio non è facile: ogni singolo sinonimo ha un significato e un peso specifico. Libertà? Libertà è una parola che va ricondotta al latino “libertas” che a sua volta deriva da liber: uomo legalmente libero, ovvero contrario di servus. La traduzione in greco è eleutheria, che a me pronunciata (forse male, perché di fatto il greco non lo conosco) suona benissimo. In tempi molto lontani dai nostri, forse neanche tanto, se non si nasceva “in qualità” di uomini liberi, si nasceva “in qualità” di schiavi. Certo, la libertà te la potevi conquistare, così come la potevi perdere, cosa molto diversa dai tempi attuali, in cui la libertà è un diritto che appartiene ad ogni essere umano dalla nascita, anche se in realtà, primo: non si è mai liberi sul serio, in quanto anche nei tempi odierni la libertà te la devi conquistare, a fatica, aggiungerei. Secondo: tutti gli esseri umani nascono liberi, ma di fatto moltissimi non lo sono. Tra nascere liberi ed essere liberi passano un’altra miriade di ponti, senza dilungarmi troppo anche su questo punto basta dire che ci sono molti paesi in cui nonostante la libertà sia un diritto fondamentale, lo stesso viene violato. Per non parlare della povertà, delle persone che vivono ai margini che la libertà, o anche l’idea della stessa, spesso non la possono neanche immaginare. Soffermandoci sulla parola però, in essa e nelle sue radici è racchiuso il suo senso: la libertà è assenza di costrizioni, ma è anche una condizione, la condizione per cui un individuo può scegliere per sé, decidere cosa pensare, come esprimersi ed agire, appunto, senza costrizioni. Siamo o no davvero liberi? Mi viene da chiedere in questo momento. Probabilmente no, siamo tutti schiavi. Lo siamo, e si, generalizzo, perché c’è sempre qualcosa che ci incatena a sé aggrovigliandosi alla condizione senza la quale invece saremmo liberi. Ma la libertà allora, se non è una condizione (considerando che nasciamo liberi, ma di fatto molti non lo sono) cosa è? Un’ideologia? Mi sono chiesta cosa avrei risposto se la domanda me l’avesse posta la me bambina. La libertà per i bambini è un concetto semplice, diventa più complesso man mano che si cresce, quando iniziano a frapporsi tra le proprie tracce di fuga e la realtà quei limiti imposti dalle regole e dai canoni della società. E allora, per esempio, il bambino che prima indossava senza problemi una maglietta rosa ad un certo punto smette di farlo perché il rosa, secondo la mentalità comune, è “il colore delle femminucce”. A volte neanche ci si rende conto di come cambiano le proprie percezioni: accade e basta. La verità però è che nasciamo tutti liberi e per diritto dunque, lo siamo, o almeno lo dovremmo essere. Quello che manca è il coraggio, ad un certo punto, di svincolarsi – perdonate il gioco di parole – dai vincoli imposti dalla società e spesso anche dalla nostra mente. Certo, anche la libertà richiede dei limiti, perché essere liberi, senza guardare i confini degli altri, sarebbe un atto tremendamente egoista. A mio parere dovrebbe valere quello che per me è un assioma: “la mia libertà finisce dove comincia quella di un altro”, pronunciato da Martin Luther King. Ma ci sono altri limiti, c’è la differenza tra quello che è giusto e quello che è sbagliato. Non tutto è regolato da leggi e norme. Vedete ad esempio il fascismo, andando un attimo oltre i margini dell’ideologia e del fatto che ognuno è libero di pensare e credere quel che vuole, il fascismo – immaginate il fascismo nel suo concetto più ampio mentre leggete queste parole – è sbagliato, infatti è reato – e ahimè, c’è voluta una legge per definire sbagliata questa ideologia, di esempi ce ne potrebbero essere una miriade. Funzionerebbe tutto sul serio se,  ogni cittadino, fosse libero di pensare come vuole, senza però giudicare o fare violenza sui pensieri altrui.  A questo punto la io bambina mi ha posto un’altra domanda: non sarebbe meglio avere delle regole scritte che facciano capire meglio cosa è giusto e cosa è sbagliato? Esistono, quelle regole esistono. Sono racchiuse nei i diritti fondamentali dell’uomo, ma anche nelle pagine della Costituzione. Non esiste ideologia politica che regga: ci sono cose giuste e ci sono cose sbagliate. In questo flusso di parole mi sono tornati alla mente i titoli di questi giorni e l’ossimoro che c’è stato nella condizione a cui ha dovuto sottostare Silvia Romano: prigionia/libertà. Si perché Silvia era prigioniera, ma ha avuto il coraggio di essere e di scegliere nonostante la condizione di prigioniera. Ora, non si sa se la scelta di convertirsi o cambiare nome siano scelte dovute a quanto subito, questo lo sa lei e sicuramente la verità verrà fuori con il tempo, ma non sta a noi giudicare, né cercare risposte precise (dovrebbe interessarci la sua storia, il fatto che è libera, non come si veste o in quale Dio crede). Silvia era ed è libera perché nonostante la condizione in cui ha vissuto, non si è svincolata dalla propria facoltà di scegliere. Almeno questo è quello che emerge, siano le sue decisioni dovute al trauma psicologico o alla pura curiosità di leggere il Corano. Siano esse dovute ad una conseguenza della prigionia, a delle minacce, qualsiasi motivazione non regge: bastava fermarsi all’abbraccio tra lei e sua mamma, al suo ritorno e gioire, con lei e di lei. Io Silvia non la conosco, so però che ha intrapreso un percorso che, chi mi conosce, sa essere una delle strade che più mi affascinano, assieme alle altre. Ed io la stimo, la stimo per la sua scelta coraggiosa, così come stimo tutte le persone che sono là fuori, lontane dalla propria casa, dai propri cari, a dare il proprio supporto ai bambini o a raccontare la guerra, con tutti gli enormi rischi che si corrono. Così come stimo i medici che in questi mesi di emergenza sanitaria sono atterrati in Italia per offrire supporto (dovevano aiutare anche loro i pazienti in casa propria?) Sapete, tornando alle parole, liber non è solo la radice di libero, ma è anche radice di libro. Mi ha sempre incuriosito un sacco questo collegamento. La libertà di oggi è anche una libertà mentale, ma se continueremo ad adagiarci sulle idee e sui pensieri degli altri, senza farcene dei nostri, senza pensare, senza leggere, senza informarci, senza sapere o addirittura camminare nelle scarpe degli altri prima di poter anche minimamente pensare di sapere qualcosa, beh, allora saremo schiavi per sempre. Silvia è libera, Silvia lo è sempre stata, nonostante fosse chiusa in una stanza. La Silvia di quel momento ha scelto in quel determinato modo e non c’è nessuno che può o deve giudicare, nessuno che sia esterno al suo io personale. E parlo di Silvia come persona, non Silvia come donna, perché l’errore che stanno facendo in molti è quello di dire che si sta parlando di lei in quanto donna. Forse si, forse è vero. Ma è nel dire queste parole che, seppur con buoni intenti, diamo le ali a quei pensieri che creano diversità, che fanno guardare Silvia in qualità di donna e non in qualità di persona. E’ vero, ci sarebbe tanto da scrivere anche su questo. Non mi dilungherò su questo, ma vi rimando al link di un articolo di Left, scritto da Giulio Cavalli, che spiega molto chiaramente il mio pensiero. Tutti noi siamo liberi e nessuno deve invadere la nostra condizione di essere umani liberi togliendoci la facoltà di scegliere chi essere, come vestire, chi amare, cosa pensare. Al massimo ci si può incontrare ai confini dell’uno e dell’altro mondo a noi estraneo per poterne cogliere le differenze, arricchirsi eventualmente o opporsi completamente ad ideologie sbagliate, scegliendo poi cosa fare delle nuove informazioni, guardando sempre da diverse prospettive. Perché la verità non è una sola, le verità sono molteplici. Nessuno di noi può sapere quale sia stata la verità di Silvia in quei giorni di prigionia e solitudine in cui a malapena comprendeva la lingua dei suoi rapitori e aveva solo sé stessa e dei libri che le avevano dato gli stessi, così come nessuno di noi può sapere quale sia la verità di ogni essere vivente. Perché nessuno si chiede come si è sentita in questo anno di prigionia? Perché vi soffermate su come è vestita, sul fatto che si sia convertita? Perché non vi soffermate invece sul suo sorriso? Sui suoi occhi così tanto vivaci e felici, di essere a casa, ma anche di essere, di aver intrapreso, nonostante tutto, quel percorso. Essere e basta. C’è sempre un filo che riconduce un essere umano all’altro, basterebbe sintonizzarsi sugli sguardi altrui, sui mondi altrui, aprendo cuore e mente. Bisogna sempre però percorrere la rotta della verità, delle molteplici prospettive, avendo ben chiari e saldi i punti che delimitano il confine tra giusto e sbagliato. Perché si, ci sono cose giuste e ci sono cose sbagliate. E non tutte le cose sbagliate sono ancora legge, ma sarebbe opportuno preoccuparsi di sviluppare coscienza critica e imparare a riconoscerle. Quei giornali che scrivono che Silvia è “convinta di essere libera”, che scrivono in grassetto “se stava bene in Africa allora perché è tornata”, beh, quei giornali, quelle costellazioni di individui che dietro uno schermo diffondono informazioni, dovrebbero farsi due domande in più e scrivere due parole in meno, perché Silvia era libera in quelle quattro mura, loro non lo sono né nella vita, né tra le righe delle proprie parole. Perché non posso credere o ammettere che un giornalista, chiamato a raccontare i fatti, giudichi una storia o una persona basandosi su una sola delle moltissime prospettive, influenzando persone vendendo loro un’unica strada, senza permettere alla gente di porsi domande, di tuffarsi nelle radici dei perché. Viene richiesta costantemente assenza di giudizio nella stesura di articoli, sebbene leggendo fra le righe di un autore o dell’altro, sia spesso abbastanza palese il proprio modo di pensare. Silvia non è l’unica donna libera al mondo, per fortuna. Silvia non è la sola persona libera al mondo.  La libertà fa paura, ma una volta che se ne è colto il valore, non si torna indietro. E’ vero bisognerebbe ripensare tutto dal principio, sbrogliare la matassa, dare una nuova rotta alle politiche sociali investendo molto sull’istruzione, ma anche su quello che passa ogni giorno sui canali pubblici. Intanto però sarebbe opportuno iniziare a porsi delle domande, proprio come quando eravamo bambini. Le risposte sono ovunque, sta a noi cercarle, tutto quello che verrà dopo, se non sarà verità assoluta, sarà conoscenza, saranno punti di vista, Screenshot 2020-05-15 10.48.19prospettive che pian piano diventeranno finestre, finestre fatte di proprie idee, di libertà di pensiero, di sguardi rivolti agli altri e ai fatti, mai “diversi” – leggete l’etimologia della parola, perché se mi soffermo anche su questa mi dilungo troppo, invece voglio mettere un punto, almeno per adesso, nella speranza di non nutrire troppe vane speranze nelle infinite possibilità che ha l’umanità di provarci sul serio a cambiare qualcosa.