C’è una sorta di magia negli skyline urbani, quando dalle finestre scruti quel piccolo mondo che corre lento o veloce, con il proprio ritmo, ma sempre e costantemente in progressione. L’aria è sempre elettrica e in movimento, anche se dalla tua prospettiva tutto sembra statico, perché sai che oltre quelle finestre, quelle mura, quelle porte e oltre l’orizzonte che non puoi vedere, c’è vita che implode, ci sono le storie degli altri, le giornate belle o storte, frammenti di anime che si sparpagliano nel quotidiano e in qualche modo, incrociano il tuo. Perché poi, alla fine, qualunque sia la nostra storia, affidiamo allo stesso cielo le nostre speranze e i nostri sogni più intimi. E così, incroci gli sguardi di chi dall’altro lato sta cercando il sole in un giorno di pioggia, di chi cerca il bagliore della luna per avere un po’ di luce nei sentieri più bui o di chi cerca una stella cadere per affidarle qualche desiderio, senza ricordarsi che gli artefici del nostro (fottuto) destino, siamo noi. Solo noi.

P.s. Fa un certo effetto sapere che questi pensieri trasbordano dalla mia mente guardando lo skyline da una finestra di una stanza che prima ospitava la cella di un carcere. Le Murate, uno dei miei posti preferiti a Firenze.