Di Francesca Emilio, Taranto – “Il vento a Taranto è tossico. No, non è lo scenario post apocalittico di una serie tv o di un film, non è la trama avvincente di un libro: è una realtà tangibile che si infrange ogni giorno sulle vite dei cittadini, tra cui bambini”. E’ l’incipit di un articolo che abbiamo pubblicato lo scorso 4 marzo. Da allora nulla è cambiato. Si, è vero, intanto, di mezzo, c’è stata una pandemia con conseguente lockdown, ma le scuse non bastano, perché la situazione è la stessa da anni, troppi anni. Anni che hanno visto tante vite spegnersi a causa del disinteresse delle istituzioni. Taranto ieri si presentava così, come vedete in foto. Per qualcuno quel vento rosso che soffia con forza potrebbe anche essere affascinante, invece no. E’ un vento di morte che corre veloce, più in fretta delle stesse vite. Un vento che costringe la gente – donne, bambini, uomini – a restare chiusa in casa, dietro finestre che in realtà proteggono ben poco. Taranto è bellissima, ma nell’aria che si respira all’interno delle sue mura vive, silenziosa e implacabile, la morte.
Noi ve ne avevamo già parlato, allegando all’articolo dello scorso 4 marzo un video denuncia. Ieri, ancora una volta, Luciano Manna, ambientalista e fondatore del sito Vera Leaks, ha raccontato quello che i suoi occhi vedono ogni giorno, verità ancora più tangibile quando il vento cammina libero per le vie della città. “Ma se i parchi minerali sono coperti perché è volato tutto questo minerale? E’ l’olocausto a norma di legge. Raccogliamo tutte le polveri cadute sui balconi, le portiamo al sindaco Melucci, scendiamo in strada, se dobbiamo morire facciamolo in strada non chiusi nelle case, ci state?” – queste le parole dell’ambientalista che, ancora una volta, ha denunciato una situazione che a Taranto va avanti da anni, sotto gli occhi di tutti. Come scrivevamo nell’articolo pubblicato lo scorso 4 marzo: basta mettere anche un solo piede a Taranto per sentire sulla propria pelle il cambiamento di densità dell’aria, l’odore forte, il colore rossastro che la contraddistingue. Rosso non di abbellimento, rosso di polveri velenose, quello stesso rosso di sangue versato dalle vittime causate da un sistema che resta immobile e non avvia un percorso di giustizia sociale e ambientale. Di cos’altro c’è bisogno per scuotere le coscienze e cambiare radicalmente e sul serio le cose?